La corsa dell'economia bergamasca: produzione industriale oltre i livelli del 2007. L’analisi - BergamoNews

2022-05-27 20:21:53 By : Ms. Vicky Yu

L’approfondimento con i numeri della Camera di Commercio. Parola a: Logimar, Pinetti e PuntoGel

Bergamo. Le cifre e le percentuali disegnano lo scenario della manifattura e del terziario bergamaschi nel contesto della ripresa post Covid-19: l’industria orobica continua a macinare risultati particolarmente positivi tanto che, secondo gli ultimi dati pubblicati della Camera di Commercio di Bergamo riferiti al terzo trimestre 2021, la produzione segna un nuovo punto massimo, mai registrato in passato. Non solo supera il livello del 2019 - quando ancora la pandemia non aveva costretto molte attività a mesi di chiusura - ma batte anche i record del 2007, precedenti alla grande crisi finanziaria.

"Si tratta – commenta il presidente della Camera di Commercio di Bergamo Carlo Mazzoleni – di un risultato in parte dovuto alla nostra specializzazione in quei settori dove la domanda internazionale è cresciuta maggiormente nel corso del 2021: meccanica in particolare, ma anche gomma-plastica e chimica".

Sono buoni anche i dati della crescita del fatturato nell’artigianato e nel settore terziario, che comprende sia i servizi che il commercio al dettaglio.

Nel terzo trimestre, dunque nel periodo luglio-settembre 2021, la produzione manifatturiera in provincia di Bergamo ha registrato una crescita a doppia cifra rispetto allo stesso periodo del 2020: si attesta addirittura al +13,2% per le imprese industriali e al +10,1% per quelle artigiane. Se si guarda l’andamento congiunturale, ovvero la variazione del trimestre rispetto a quello precedente, per quanto riguarda l’industria il vero balzo si era osservato nel periodo aprile-giugno, ma quello del terzo trimestre è comunque il quinto segno positivo consecutivo, e si attesta ad un +2,9% rispetto al secondo trimestre.

Riguardo al settore dell’artigianato, invece, il dato di crescita tra il terzo e il secondo trimestre è del +1,4%, un risultato che ha permesso comunque di ritornare ai livelli pre-Covid. Buoni risultati vengono registrati anche dalla crescita del fatturato nel settore terziario: rispetto al terzo trimestre 2020 si attesta al +14% tra le imprese dei servizi e al +4,7% nel commercio al dettaglio. Rispetto allo scorso trimestre, invece, l’aumento è rispettivamente dell’1,1% e dello 0,8%. Sono valori che consentono ai servizi di accorciare il divario con i valori pre-crisi e al commercio al dettaglio di tornare sugli stessi livelli del quarto trimestre 2019, prima dello scoppio della pandemia.

La scarsità (e l’aumento dei prezzi) delle materie prime

Il rimbalzo dell’economia successivo ai lunghi periodi di restrizioni causate dal Covid-19 è, insomma, ormai ben evidente, e le aspettative sono quelle di un proseguimento della crescita, sostenuta o in rallentamento a seconda dei comparti e accompagnata in particolare nel settore produttivo da due preoccupazioni. La prima è legata alla grande scarsità di materie prime: "Le strozzature lungo le catene di fornitura – spiega ancora Mazzoleni – provocano una scarsità dei materiali necessari alla produzione che potrebbe tradursi in un freno per la crescita futura". La seconda riguarda il rincaro sia del costo delle materie prime che, di conseguenza, dei prezzi di listino nel commercio.

Industria - provincia di Bergamo: principali indicatori

Artigianato - provincia di Bergamo: principali indicatori

Servizi - provincia di Bergamo: principali indicatori

Commercio al dettaglio - provincia di Bergamo: principali indicatori

BERGAMO, L'ECONOMIA CRESCE IN TUTTI I SETTORI

In un quadro congiunturale in cui la crescita a doppia cifra ha nell’export il driver più importante, la logistica è un punto di osservazione privilegiato, che fa emergere tutte le contraddizioni di un sistema che produce, vende ma fa sempre più fatica a consegnare la merce. La logistica è un fattore sempre più strategico per le imprese, in particolare per quelle bergamasche che hanno nelle esportazioni la voce più alta dei loro bilanci. Logimar è un’azienda che si occupa di spedizioni internazionali. Dal quartier generale di Carobbio degli Angeli, dove lavorano 17 persone, si muovono merci per tutto il globo: “Dall’Europa agli USA, dal Middle Est all’Asia fino all’Africa che rappresenta il nostro mercato emergente, quello dove pensiamo di ottenere le maggiori soddisfazioni e la crescita nei prossimi anni”, racconta Marcello Saponaro, imprenditore e amministratore delegato dell’azienda di famiglia. L’Africa è una grande scommessa, un mercato vastissimo e in via di sviluppo. Ne sono certi in Logimar tanto da dar vita nel 2015 all’Africa Logistics Network un pool di 240 spedizionieri di tutto il mondo – guidati dallo stesso Saponaro, che ne è il presidente –, specializzati sul continente africano. L’obiettivo è quello di riunire – ed essere riconosciute dal mercato – tutte le aziende in grado di gestire ogni tipo di spedizione in ogni zona dell’Africa, anche la meno infrastrutturata come, ad esempio, l’area sub-sahariana.

“Lo scambio tra chi vende e compra nel mondo è regolato da specifici codici contrattuali (Incoterms, ndr) – ci spiega Saponaro –. Tali regole ripartiscono costi e rischi del trasporto tra venditore e acquirente. Per tradizione, l’Italia lascia generalmente al cliente o al fornitore estero l’onere di organizzare il trasporto. La ratio è quella di togliersi un problema: la logistica. Questa scelta non si è rilevata vincente. La pandemia e il conseguente shock provocato alla supply chain in tutto il mondo ha fatto emergere quanto sia pericoloso non governare il processo: dando all’acquirente del nostro export (o al fornitore del nostro import) la responsabilità di organizzare e gestire la logistica. Le aziende italiane perdono il controllo del trasporto, la possibilità di gestirlo in sicurezza e di determinarne il costo, la priorità e l’eventuale urgenza. L’acquirente farà il proprio interesse che spesso non coincide con quello dell’azienda italiana. Controllando la spedizione, invece, il venditore ha il controllo del tragitto della merce, ne presidia l’arrivo a destinazione, ha maggiore tutela del proprio credito, certamente più di quanto potrebbe fare lo spedizioniere del destinatario”. Un aspetto, questo, ancora più delicato quando le spedizioni non sono standard ovvero quando la merce non è caricabile semplicemente in container ma comporta un trasporto personalizzabile, e quando è verso destinazioni non sicure.

PORTI STRAPIENI E IN BALIA DELLE QUARANTENE DEGLI OPERATORI

“La tendenza a lasciare la gestione della logistica a chi compra sta cambiando – aggiunge Saponaro – soprattutto a partire da quei settori e prodotti che richiedono una progettazione accurata del trasporto, che è ciò che facciamo in Logimar. Siamo specializzati in spedizioni ‘su misura’, che possono essere via terra, nave, treno o area. Trasportiamo principalmente macchinari ma anche prodotti finiti e materie prime, dalla plastica bio al materiale elettrico e idraulico. E poi mobili, valvole, prodotti chimici, serbatoi e silos industriali, macchinari agricoli. Lo facciamo in tutto il mondo, comprese le zone più sensibili, in cui c’è bisogno di molta più attenzione e selezione anche degli agenti locali, quelli del paese di destinazione, che devono essere competenti e affidabili. La sicurezza del pagamento, quindi, passa anche dal proprio spedizioniere. A volte infatti, in alcuni Paesi, non basta la sicurezza di una lettera di credito per avere certezza del proprio credito. Gestire la spedizione offre più garanzie.

Quando le rotte si affollano, i vettori si riempiono, i prezzi dei noli schizzano alle stelle. È quello che da un anno sta succedendo: “esplodono le difficoltà – sottolinea Saponaro – e ci sia accorge che governare la logistica è essenziale. In questo mercato vinci se riesci a garantire tempi e qualità insieme. Ed è sempre più difficile. I porti sono strapieni e in balia dalle quarantene. La Cina, per far un esempio, quest’estate ha chiuso un terminal del porto di Ningbo-Zhoushan (il più grande porto cinese, a sud di Shanghai, che nel 2020 ha visto transitare 1,2 miliardi di tonnellate di merci, ndr) per un operatore portuale trovato positivo al Covid-19, ha paralizzato la logistica di mezzo mondo. Stessa paralisi quando la tua nave resta in rada a Los Angeles in attesa di poter entrare in porto e sbarcare il carico, insieme ad altre 80 navi, perché non ci sono sufficienti portuali e neppure gli autisti che dovrebbero caricare la merce e consegnarla nel paese. Con la pandemia la supply chain mondiale è saltata. Un trasporto gestito in 30 giorni è arrivato a 60: ancora di più importante quindi è la possibilità di scegliere il servizio, la compagnia marittima, la rotta”.

I FATTURATI AUMENTANO, I MARGINI CALANO. IL RUOLO CHIAVE DELLE GRANDI COMPAGNIE MARITTIME

Crescita a doppia cifra che fa esplodere la logistica oltre ai fatturati. Quello di Logimar cresce in un anno del 35%, nel 2021 arriverà a superare gli 11 milioni. “Una crescita stratosferica come stratosferico è stato per noi l’aumento dei noli che noi anticipiamo per i nostri clienti. Aumenti che hanno raggiunto il 700-800 per cento su alcuni scambi. Aumentano così i fatturati, drogati dall’andamento dei noli. Non altrettanto i margini degli spedizionieri”.

Il settore delle spedizioni internazionali sta cambiando pelle. “Le compagnie marittime – continua l’ad – da vettori neutrali e indipendenti stanno occupando sempre più lo spazio degli spedizionieri potendo contare però sulla proprietà dei mezzi e su una forza dimensionale che consente importanti investimenti in digitalizzazione. Sempre più di loro appannaggio sarà il mercato delle spedizioni standard e ‘facili’. Per questo nel nostro futuro proseguiremo su tre direttrici di specializzazione e sviluppo: quella dell’eccezionalità del carico per peso o dimensione, quella dei territori di confine, la ‘terra di mezzo’ delle spedizioni, quella del servizio costante al cliente”.

Il mercato dei trasporti non si normalizzerà prima della metà del 2022. Poi, forse, lentamente…La pandemia ha fatto riscoprire la necessità, per molti, di un servizio dedicato, studiato, professionale che è l’unico che può far fronte all’aumento della difficoltà e della complessità nella gestione della logistica”. Noi puntiamo sull’essere pronti a questo.

Il settore del lusso non conosce crisi, e la pandemia da Covid-19 non rappresenta un’eccezione a questa regola. Molto positivo, incubatore di innovazione, trampolino per nuovi progetti e opportunità: è così il biennio 2020-2021 in casa Pinetti. Con un fatturato che supera i 5 milioni di euro, cresciuto del 30%, Pinetti chiude il 2021 in positivo, con ordini aumentati in linea con la crescita. L’azienda artigiana, che produce prevalentemente accessori di lusso in pelle per tutto il mondo dell’arredamento residenziale, nautico e alberghiero, impiega 31 dipendenti (che a breve saliranno a 33). Sul fronte delle esportazioni, gli anni della pandemia hanno consolidato il trend del 90% delle esportazioni, che vedono come clienti alcuni paesi dell’Unione Europea (Inghilterra, Germania, Francia) ed altri extra UE (Emirati Arabi, Kuwait, Arabia Saudita, Russia, USA e Cina, che pure è un mercato che si è in parte fermato a causa della pandemia). Quanto al restante 10% dedicato al mercato domestico, l’Italia, l’azienda fa fatturato per conto terzi, produce le collezioni legate al mondo della moda e, con il suo brand, al mondo dell’arredo della nautica e dell’hotellerie (settore alberghiero, ndr).

LA PANDEMIA COME ACCELERATORE DI INNOVAZIONE

Era il 9 marzo 2020: la Pinetti chiude per due mesi, anche a causa di alcuni casi di Covid-19 tra i dipendenti. “Ci siamo fermati con la preoccupazione che ci fossero annullati gli ordini e senza capire cosa sarebbe successo dopo”, racconta Lorenzo Pinetti, imprenditore e amministratore delegato dell’azienda di famiglia. Fortunatamente a maggio si riapre e il lavoro non è mai mancato, anzi: “Lavorando in tutto in mondo, con i paesi che si sono aperti e chiusi a macchia di leopardo abbiamo sempre avuto un flusso continuo di ordini. Con la riapertura abbiamo fatto gli straordinari per soddisfare gli ordini. Fortunatamente, a differenza di quanto temevamo, nessuno ha annullato ordine, e tutti hanno capito che i tempi di consegna avrebbero subito dilatazioni”. A guardarsi indietro, il 2020 “è stato anno molto positivo”, contraddistinto da molto lavoro anche per la seconda parte dell’anno. “Per noi il Covid-19 è stato il trampolino di lancio che ci ha fatto fare il salto di qualità. Nella tragedia abbiamo trovato un’opportunità. È stata una scelta forse anche obbligata, diversamente non saremmo riusciti a far fronte ad una situazione pur positiva, in termini di sviluppo e nuovi ordini, ma che ci ha chiesto grande impegno, capacità d’innovazione ed evoluzione”. L’azienda decide in piena pandemia di accelerare una serie di processi innovativi, attinenti alla digitalizzazione e all’ottimizzazione dei processi di produzione, “che ci hanno costretti a rivedere la produzione per sostenere il ritmo della crescita”.

IL PRIMO CLIENTE È L’ONLINE

Tra le innovazioni imposte dalla pandemia, ce n’è una che attiene ai canali di vendita. “Abbiamo lanciato il canale di vendita online ad ottobre 2020, ed è stata una sorpresa enorme per tutti noi – ci dice Pinetti. “La pandemia ci ha permesso di scoprire un nuovo modo di vendere. Se considero il canale online come un cliente, posso dire che è diventato il primo per fatturato: finiremo l’anno con l’8% di vendite online”, ci dice soddisfatto Pinetti.

Un risultato positivo, che in azienda non si sarebbero mai aspettati, convinti del fatto che online si sarebbe venduto prevalentemente regalistica. “Vendiamo accessori d’arredo di alta gamma e lavoriamo prevalentemente con designer, progettisti e arredatori. Proprio perché la gente è stata tanto in casa, a molti è venuto il desiderio di aggiornare gli spazi domestici”. Nuovo arredo e nuovi progetti non solo attraverso buyer professionali impegnati in grandi progetti di interior design o arredo nautico. “Anche il cliente finale sceglie online accessori per il soggiorno, il bagno. Il nostro shop online ha un carrello medio di acquisto alto. C’è chi compra un oggetto singolo ma anche chi arreda tutta la casa spendendo cifre molto importanti che non avremmo pensato di poter fare on line senza la possibilità per il cliente di vedere e toccare il prodotto”. Si tratta di clientela statunitense, soprattutto di alcune zone del Nord America (New York, Miami, tutta la costa est), il Medio Oriente ed anche l’Europa, compresa l’Italia, che è sempre stato un Paese marginale, ma che online sta funzionando benissimo, quasi meglio che “di persona”.

PER GLI ARTIGIANI ITALIANI C’È SPAZIO NEL MONDO Fermento. È questa la parola con cui l’ad Pinetti guarda con fiducia non solo al proprio settore e definisce le prospettive di mercato offerte dalla crisi pandemica mondiale. “Le opportunità nel mondo oggi sono tante. Il Covid-19 ha scombinato tutte le carte sul tavolo. Consiglio spesso ai miei colleghi imprenditori artigiani di viaggiare, andare all’estero, perché non si trovano i clienti stando solo a Bergamo. Se si fa un lavoro di qualità, il mondo è pronto a comprare il tuo prodotto. Devi produrre quello che il mondo ama dell’Italia: la qualità, il design. E questo non vale solo per l’arredo, ma anche per tanti altri settori manifatturieri Italiani. Questo vale anche per il food: sei fai qualità vieni premiato nel mondo e il tuo business cresce”.

Il mercato del lusso è in crescita, con il settore alberghiero ripartito a pieno ritmo dopo il fermo obbligato e gli interior designer impegnati nei progetti dell’arredo del settore nautico e ricercati da chi, potendo, ha scelto una nuova barca per garantirsi vacanze sicure.

Con fiducia si guarda al futuro, anche a quell’estate 2022 entro la quale sarà aperto un punto vendita Pinetti a Dubai, all’interno del Dubai Mall, il più grande centro commerciale al mondo per numero di negozi.

Tuttavia “queste crisi aumentano il divario tra chi si può permettere tutto e chi niente. Il nostro è un mercato degli accessori d’arredo di fascia alta, nel settore del lusso, e io vedo sempre un divario tra la fascia medio-bassa e quella medio-alta. E questo vale anche per il settore del mobile, del design, dell’architettura, della moda”.

IL COSTO DELLE MATERIE PRIME E LO SPETTRO DELLA SPECULAZIONE. I RINCARI NELLA LOGISTICA

All’aumento del costo delle materie prime e delle spese della logistica non è insensibile il settore del lusso. Perché si traduce con il ritardo delle consegne – anche a causa della carenza di materie prime di qualità – la corsa all’approvvigionamento, il rischio concreto di speculazione, le difficoltà nel rapporto con i distributori. “Noi lavoriamo pelle, legno e metalli, tutte materie prime di alta qualità. Oltre a rincari importanti del prezzo legno e ottone anche del 5-10%, spesso questi materiali non si riescono ad avere. Il problema è legato alla logistica: ci sono merci bloccate da mesi nei porti”, conclude Pinetti.

Né produttore né esercente, ma distributore. Uno status “di mezzo” carico di incertezze, ma anche di enormi potenzialità che si vanno ad aggiungere alle tante generate dalla pandemia, ma non solo. Aurora Minetti, amministratore unico di Puntogel, con sede a Bergamo, racconta che i mesi del Covid-19 hanno portato oltre al dolore anche tanta imprevedibilità che rende difficile prevedere gli sviluppi del mercato "anche perché definire la situazione attuale come post-pandemica pare prematuro".

La sua azienda, nata con il padre Arnaldo Minetti, è attiva da oltre 40 anni nel mondo della gelateria, e da qualche anno, anche nel settore della pasticceria, della panificazione, della ristorazione e di tutto ciò che rientra nella sigla Ho.re.ca (che comprende hotel, ristoranti e catering, ndr). "Selezioniamo, acquistiamo e rivendiamo in tutta la Lombardia un’ampia gamma di prodotti – spiega Minetti – , dalle materie prime come zuccheri, farine e burro, alle paste, ai semilavorati fino a tutto ciò che riguarda il packaging e il confezionamento nel settore alimentare: bicchierini, palettine, termoscatole, cartoni da asporto etc. La nostra è una vocazione distributiva b2b: ad oggi non serviamo ancora il consumatore in modo diretto, ma portiamo tutti questi prodotti da chi li produce a chi li trasforma e li rivende al pubblico".

Puntogel fa parte anche di un gruppo acquisti, la società cooperativa Prima Italia, nato nel 2018 che oggi riunisce ben 38 aziende di distribuzione in tutto il Paese, con un giro di affari di oltre 200 milioni di euro l’anno.

NEL 2020, 1,7 MILIONI DI PERDITE Data la natura di un’attività di questo tipo, e la trasversalità dei settori serviti, Minetti sintetizza con una parola il lungo periodo caratterizzato dalle restrizioni Covid-19: incertezza. "Alcuni dei nostri clienti – spiega – facevano parte di quel gruppo di attività che durante il lockdown hanno potuto continuare a lavorare perché considerate indispensabili. Pensiamo ad una panetteria: rifornirla di farina, burro o latte era fondamentale, per cui il nostro lavoro di distribuzione era di primaria importanza. Ma che dire invece delle pasticcerie e delle gelaterie, così come i bar o i ristoranti? Sono rimasti chiusi per mesi, e di conseguenza anche un pezzo della nostra attività è stato fortemente colpito".

I numeri parlano chiaro: 9 milioni di euro di fatturato nel 2019 e un giro di affari quasi equivalente nel 2021: un traguardo inaspettato visto il protrarsi della pandemia. Nel mezzo: il 2020, con un calo importante, 1 milione e 700 mila euro di perdita secca: "Un dato condizionato dalla chiusura completa di alcune attività come ristoranti, pizzerie, bar, pasticcerie e gelaterie – continua Minetti –. Il lockdown è cominciato poco prima dell’inizio della primavera e delle festività pasquali, un periodo importante per questi mercati, che a lungo non abbiamo potuto rifornire. Ora stiamo tornando ai livelli di due anni fa nonostante molti non siano ancora arrivati al pareggio per il perdurare di una situazione imparagonabile così come inimmaginabile anche solo fino a due anni fa. non penso sia ancora il momento di parlare di post-pandemia, per questo motivo mi reputo moderatamente soddisfatta della fase di ripresa in corso. Davanti a noi ci sono ancora molte incognite, segnali altalenanti, elementi di imprevedibilità e di discontinuità a causa dei quali facciamo una fatica enorme a progettare. Per esempio, stanno per arrivare le festività natalizie: non è in discussione la necessità di inasprire le misure di contenimento del Coronavirus, ma è indubbio che rappresentano un elemento che andrà ad incidere sul lavoro di tutti".

I PREZZI DELLE MATERIE PRIME AUMENTATI FINO A 10-15 VOLTE A pesare, anche in questo campo, è poi la mancanza di materie prime e il loro prezzo esorbitante.

"Assistiamo ad una mancanza quasi totale di materie prime anche nel settore alimentare – racconta Minetti –. È un paradosso: inizia ad aumentare la domanda, ma abbiamo difficoltà a rispondere alle richieste perché non ci sono le materie prime. Mi capita di aver bisogno di un autotreno di un certo prodotto, 38/42 bancali e di riuscire ad averne, se va bene, solo 9/10. A riguardo sono convinta che alla base di tutto ciò vi siano ragioni che andrebbero lette con maggior vigore e unità di intenti da più parti e con maggior rigore e grande raffinatezza al fine di trovare le migliori soluzioni per uscire in piedi e senza titubanze da questa complessissima fase. L’impressione è che il materiale ci sia, ma resti nei magazzini di chi, disponendo di grandi risorse economiche, fa scorta per rivenderlo in futuro ad un prezzo maggiore. una deriva non delle migliori, se pensiamo che per la maggior parte dei settori il nostro paese dipende oggi quasi esclusivamente da produzioni estere. Temo che si tratti di un fenomeno che durerà ancora parecchio, se non si interviene con politiche mirate alla tutela del nostro mercato. Un fenomeno che danneggia tutti gli addetti ai lavori, ma che alla fine si ripercuote inevitabilmente anche sul consumatore finale".

L’OCCUPAZIONE: "POLITICHE IPER-ASSISTENZIALISTE, MANCA IL PERSONALE"

"Vorremmo assumere, ma ai colloqui di lavoro troppi candidati ammettono che in questo periodo conviene di più affidarsi ai sussidi: una prospettiva pericolosissima, soprattutto per le nuove generazioni, che dovrebbero scalpitare al solo pensiero di ottenere un’opportunità lavorativa, in cui giocarsi, mettersi alla prova e ambire a un posto a tempo indeterminato", è la dura posizione di Minetti.

Anche Puntogel, 19 addetti che in estate salgono ad una trentina, fa fatica a trovare personale, pur non richiedendo sempre alte specializzazioni. "Proponiamo spesso contratti stagionali, soprattutto d’estate quando il lavoro aumenta molto – dice Minetti –, paghe che sono assolutamente in linea con il contratto nazionale previsto dal commercio. È capitato però che vi fossero candidati ci dicevano chiaramente che l’assegno di disoccupazione o il reddito di cittadinanza, anche se meno redditizi, permettevano loro di restare a casa e magari arrotondare con qualche lavoretto qua e là".

I progetti del settore devono tenere conto di un mondo che è cambiato, non solo a causa del Covid-19. “Pensiamo anche solo al clima e ai cambiamenti che ha indotto nelle abitudini dei più. Spesso durante i mesi primaverili piove; poi, senza che ce ne accorgiamo, passiamo direttamente a temperature caraibiche, precludendo uscite pomeridiane, occasioni di socialità e, anche, di consumo. Ma la visione non è solo negativa, da questa esperienza viene fuori anche una maggiore consapevolezza di ciò che siamo e soprattutto di ciò che possiamo ancora fare. Durante la pandemia il nostro settore si è trasformato. Pensiamo al gelato che dall’essere considerato un prodotto prevalentemente da passeggio, oggi arriva nelle case come la pizza, in ‘delivery’. In questo senso questi due anni possono anche essere letti come un’occasione di crescita e di abbattimento di certe barriere, pregiudizi, abitudini fin troppo radicate”. "In generale c’è un crescente desiderio di riscatto – continua Minetti – , unitamente alla voglia di tornare ad una situazione di normalità, la stessa che coinvolge ristoratori ed esercenti, in generale. Mi aspetto che la crescita della domanda continui, anche se lentamente, al pari del reperimento delle materie prime. Ma noi continueremo ad essere costanti nel valorizzare il nostro ruolo, specializzandoci sempre di più e assicurando ai clienti di un servizio sempre più accurato. In questo contesto si deve rafforzare il ruolo delle associazioni di categoria, che “è fondamentale – continua Minetti – per tutelare il settore, operatori e consumatori, e consentirci di lavorare nel modo migliore, senza sentirci soli e in balia di un mercato sempre più complesso”.

"Credo che la pandemia ci abbia lasciato anche un altro tipo di insegnamento, che c’era già ma che si è radicato maggiormente – conclude Minetti –. Quello che ci porta a riconoscere ancora di più le risorse umane che abbiamo al nostro interno, i nostri collaboratori, gli stessi con i quali abbiamo stretto relazioni negli anni ed è stato possibile arrivare dove siamo oggi. L’azienda è diventata di fatto un prolungamento della nostra famiglia a cui desideriamo dedicare grande attenzione e cura. Un’attenzione che si riverbera anche all’esterno, nel rapporto con fornitori e quindi con i clienti: consapevoli che le parole chiave del futuro sono fiducia, vicinanza, prossimità, filiera sostenibile, per resistere alla pressante competizione internazionale e garantire la qualità del servizio, sempre e in ogni dove e quando".

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