Socrates, 'Il Dottore' del calcio che amava Gramsci e odiava la fatica e i ritiri | Goal.com Italia

2022-10-15 03:29:56 By : Mr. ZHENGXUE FU

Campione, leader, medico e filosofo, ma anche amante dei vizi e poco incline a faticare in campo: Socrates, 'Il Dottore' del calcio.

"Chi è l'italiano che stima di più, Mazzola o Rivera?"

"Non li conosco.  Sono qui per leggere Gramsci in lingua originale e studiare la storia del movimento operaio".

Basterebbe questa risposta, data ad un giornalista al suo arrivo in Italia nel 1984, per capire che con  Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, da tutti noto come Socrates,  ci troviamo di fronte ad un calciatore e ad un uomo particolare,  fuoriclasse unico in campo, rivoluzionario e anticonformista nella vita.

Laureato in Medicina nel 1976,  e specializzato in Pediatria, pur non esercitando la professione, diventa per tutti 'O Doutor', 'Il Dottore'.  Sviluppa fin dai tempi dell'Università  una grande passione per la politica: in un periodo storico che vede il Brasile sotto la dittatura militare dei Gorillas, si schiera apertamente a sinistra,  abbracciando gli ideali del socialismo, tanto da esultare dopo i suoi goal con il pugno chiuso rivolto al cielo, e in favore della democrazia, che elegge come 'modello vincente' anche nel calcio, dando vita all'esperimento unico della Democracia corinthiana.

 "Il calcio si concede il lusso di lasciar vincere il peggiore, - dichiarerà - non c’è niente di più marxista o gramsciano del calcio".

Centrocampista di classe smisurata, era la perfetta incarnazione del 'Futebol bailado': dava del tu al pallone e quando ce lo aveva fra i piedi sapeva uscire individualmente da qualunque situazione grazie ad accelerazioni improvvise o smarcando i compagni con delle giocate geniali, spesso con colpi di tacco illuminanti, in virtù dei quali si guadagnerà anche il soprannome ridotto per brevità a  'Taco de Dios', 'Tacco di Dio', ma che nella sua stesura originale era  "o calcanhar que a bola pediu a Deus", ovvero "Il tacco che la palla chiese a Dio".

Freddo davanti alla porta e in possesso di un tiro violento e preciso, che sapeva far valere anche sui calci piazzati, quando aveva spazio per calciare sapeva andare a rete con conclusioni di pura tecnica o bordate micidiali. I limiti erano di carattere tattico e nella scarsa propensione alla corsa in fase di non possesso e al sacrificio per i suoi compagni.

Leader nato per la sua personalità e la sua cultura, e per questo capitano del grande Brasile del 1982, ma anche icona e sex symbol, con i folti capelli riccioluti, spesso tenuti da una fascetta elastica contentente messaggi di libertà, la barba nera, il fisico slanciato (era alto un metro e 92 per 80 chilogrammi e soprannominato per questo anche 'O Magrão', 'Il magro') e il petto villoso,  erano solitamente gli altri a giocare per lui.

Nella vita privata era dedito ai vizi: amava le donne, il Carnevale, fumare e bere. Proprio l'alcol, diventato per lui una vera e propria dipendenza, lo porterà alla morte il 4 dicembre del 2011.

Socrates nasce il 19 febbraio 1954 a Belém, nello Stato brasiliano del Parà, nel Nord-Est del Brasile, in una famiglia numerosa con 6 figli. Suo padre, Raimundo Brasileiro Sampaio,  benché abbia frequentato appena la seconda elementare, ha una grande passione per la cultura classica e la filosofia greca, così chiama i suoi tre figli maggiori Socrates, Sostenes e Sofocles .

Il nome del primogenito, in particolare, lo decide dopo aver letto 'La Repubblica' di Platone, discepolo di Socrate. Attraverso un percorso da autodidatta, diventa  un impiegato del settore pubblico e quando Socrates ha sette anni, si trasferisce insieme a tutta la famiglia a Ribeirão Preto, 450 chilometri circa da San Paolo, dove grazie a una promozione riceve un nuovo incarico.

Il calciatore lo ricorderà come la figura più importante della sua vita per avergli trasmesso la passione per la lettura e la conoscenza, che coltiva fin da giovane assieme a quella per il pallone. Da adolescente entra a far parte del Settore giovanile del Botafogo di Ribeirão Preto, e a partire dal 1971 inizia a frequentare l'Università di Medicina, dividendosi fra l'amore per lo studio e la passione per il calcio.

Come faceva a conciliare i due impegni? Semplice, non si allenava o lo faceva poco.  

"Alla società disse: 'Vengo solo alle partite'. - ricorda Paulo César Camassutti, suo compagno di squadra al Fogão, a 'L'Ultimo Uomo' - Noi lo vedevamo il giorno prima della gara. E poi in campo la domenica. Come potevamo accettarlo?  In maniera molto semplice: se vincevamo guadagnavamo il premio partita. E con Socrates vincevamo".

Inizialmente il calcio   resta per lui una semplice passione, tanto che a chi gli chiede cosa faccia nella vita, lui risponde:

"Sono uno studente di Medicina".

Nel 1974 qualcosa cambia: Socrates capisce che, oltre che medico, può diventare anche un calciatore importante. Inizia così ad allenarsi con costanza, anche se non sempre è entusiasta di questo. Nonostante le notti passate a fumare e a studiare, le sue prestazioni non ne risentono: Socrates, utilizzato all'epoca da centrocampista offensivo o seconda punta, incanta nel Campionato Paulista e segna a raffica.

I risultati cominciano a vedersi con  il titolo di capocannoniere del torneo statale conquistato nel 1976 con 15 goal.  Ma è solo l'inizio di un'ascesa inarrestabile. L'anno seguente il tecnico Jorge Vieira lo arretra nel ruolo di regista, e Socrates ha un rendimento molto alto da costruttore di gioco. Il 23 marzo 1977 gioca una partita leggendaria contro il Santos allo  Stadio Urbano Caldeira, dove è il   grande protagonista della rimonta del Fogão. 'Il Dottore' pareggia con un bel colpo di testa, ma è quanto accade più tardi a far strabuzzare gli occhi di tutti gli spettatori presenti. 

"Magrão se ne va palla al piede, - racconta Paulo César - con un difensore appiccicato alle costole, appena entra in area il portiere esce per fermarlo, ma lui lo scavalca con un tocco sotto. La palla finisce sul palo e gli ritorna tra i piedi. I difensori provano a intervenire, ma lui gliela nasconde con la suola e di tacco la butta dentro".

Un goal magico e spettacolare, che non lascia indifferente nemmeno il grande Pelé. O Rey, che siede nel suo posto d'onore, sobbalza in piedi di fronte alla prodezza cui ha assistito, e si lascia andare a commenti entusiastici: 

"Ma quell'uomo è un genio! - esclama - Chi diavolo è?   Dovrebbe giocare di schiena con quel tacco che ha".

Dopo l'entusiasmante stagione 1977, con il Botafogo che accede alle finali del torneo statale, e 24 goal in 157 presenze, Socrates è ormai pronto a passare in una delle grandi. A contenderselo sono il San Paolo e il Corinthians,  e ad aggiudicarselo è proprio il Timão grazie a un espediente adottato dal presidente Matheus. Quest'ultimo convoca i dirigenti del Tricolor Paulista per discutere di un'altra operazione di calciomercato, mentre lui in persona va a prendere il giocatore a Ribeirão, per portarlo via e fargli firmare il contratto.

"Ho comprato il genio", dice.

Ma all'inizio il rapporto fra 'Il Dottore' e il suo nuovo club è tutt'altro che rose e fiori. Al suo arrivo a San Paolo Socrates, che in quel momento ha 24 anni e si è già laureato in Medicina (Pediatria) mette subito le cose in chiaro:

"Sono contento di essere qua, ma sono un tifoso del Santos fin da bambino".

Non il miglior modo per legare con la tifoseria, la più popolare del Brasile, non abituata a giocatori che fanno delle qualità tecniche il proprio punto di forza. Il risultato è che Socrates si sente un po' accerchiato, gioca discretamente ma non si diverte. Nel 1979 la situazione per il centrocampista non accenna a migliorare. Socrates fa l'esordio nel Brasile nel maggio del 1979, ma a metà stagione convoca una conferenza stampa, nella quale dichiara di non riuscire più a giocare per puro piacere.

"Il mio telefono squilla tutto il giorno. - dice in un'intervista a 'Placar Magazine' -  Se voglio andare a cena fuori devo aspettare mezzanotte, e non riesco neanche a godermi un po' di pace con i miei figli perché ci stanno sempre tutti addosso".

"Se dovessi essere costretto a scegliere tra giocare a calcio e vivere la mia vita con la mia famiglia, - prosegue - non avrei dubbi. Smetterei con il calcio. Senza nemmeno aspettare la Coppa del Mondo".

Le cose andranno molto diversamente.   Già nel 1979 il Timão si aggiudica il Campionato Paulista, tuttavia la situazione per Socrates non migliora, 'Il Dottore' gioca a sprazzi, non è sereno e continua ad essere contestato dai tifosi. Dopo una sconfitta casalinga, si arriva quasi allo scontro fisico e il centrocampista annuncia l'addio all'inizio del 1980.

Ma la frattura si ricompone e Socrates si presenta all'avvio del Torneo Paulista con una vistosa barba, che fino ad allora non aveva mai avuto, e rinforzato nello spirito. Gioca con una determinazione diversa, spazzando via ogni critica sulle sue prestazioni.

Il Corinthians è tuttavia lontano dalle posizioni di vertice, ma nel 1982 arriva quella che agli occhi di tutti appare come una grande rivoluzione, che   passerà alla storia con il nome di 'Democracia Corinthiana', la quale aveva in Socrates, leader indiscusso di quella squadra, il suo ispiratore.

La 'rivoluzione' è favorita da alcune circostanze, in primis l'arrivo alla guida del club di un presidente illuminato, Waldemar Pires, e di un Direttore sportivo che è di fatto un sociologo. Con l'istituzione della 'Democracia Corinthiana' ogni decisione, turni di allenamento, formazioni da schierare, premi partita e acquisti da realizzare non sarebbe più stata nelle mani dei vertici ma votata a maggioranza da tutti i membri della squadra.

L'autogestione è avallata dall' allenatore Mario Travaglini , che portò alla discussione nel gruppo anche dei problemi personali e all' abolizione dei tradizionali ritiri. Un vero affronto al regime del generale Figueiredo e ai suoi valori. Per questo Socrates, sostenuto dal giovane attaccante Casagrande e dagli altri leader della squadra, Biro-Biro,  vengono sottoposti a numerosi e spesso pretestuosi controlli da parte del regime.

Il Corinthians autogestito, fra lo scetticismo generale, vince 2 volte di seguito il Campionato paulista nel 1982 e nel 1983. Socrates dopo ogni goal alza i l pugno al cielo alla maniera di Tommy Smith, la squadra entra in campo con slogan sotto le maglie e sugli spalti campeggia un celebre striscione:

"Vincere o perdere, ma sempre con democrazia".

Nel 1984 con l'addio di Socrates termina l'esperimento, Ma anche grazie alla 'Democracia Corinthiana' in Brasile nasce un forte movimento d'opinione pubblica che nel 1985 porta al ritorno della Democrazia vera in Brasile,  dopo quella all'interno di uno spogliatoio.

Mentre incanta con il Corinthians, Socrates assurge al ruolo di protagonista anche con la maglia del Brasile. Dopo il 3° posto nella Copa America 1979,  la Seleçao è attesa come grande favorita ai Mondiali del 1982 in Spagna. 'Il Dottore', che porta sulle spalle il suo n°8, è il capitano e il leader di una squadra stellare, che a centrocampo oltre a lui schiera campioni del calibro di Toninho Cerezo, Falcão e Zico.

Telé Santana lo utilizza da playmaker, con Zico più avanzato. Il Brasile parte contro l'U.R.S.S. ed è una gara difficile. I sovietici passano in vantaggio, ma è proprio il capitano ad avviare la rimonta dei verdeoro nel finale. Su rinvio corto della difesa, Socrates intercetta la sfera e fa qualcosa di sensazionale: dribbling secco a liberarsi del suo marcatore, finta e sassata imparabile che si infila all'incrocio dei pali.

Un goal stupendo, che assieme a quello del definitivo 2-1, siglato da Eder, consente ai sudamericani di partire con una vittoria. La Seleçao bissa travolgendo 4-1 la Scozia e fa il tris con un sonoro 4-0 alla Nuova Zelanda, qualificandosi da prima a punteggio pieno alla seconda fase e mostrando al mondo un calcio champagne. Qui finisce in un girone tosto ma nel quale i verdeoro restano i grandi favoriti, nonostante la presenza di Italia e Argentina.

I ragazzi di Telé Santana battono 3-1 l'Albiceleste di Maradona, e c'è la convinzione che la partita con l'Italia di Bearzot, che fino a quel momento non ha fatto un grande torneo, in programma il 5 luglio allo Stadio Sarriá, sia soltanto una formalità. Del resto il Brasile passa con 2 risultati su 3. Si accorgeranno a loro spese che le partite vanno sempre giocate. 

Nel pomeriggio in cui Paolo Rossi risorge, e segna una tripletta, Socrates firma con un secco rasoterra, con cui batte Zoff, mettendo la palla fra palo e portiere, il provvisorio 1-1, ma non basta. Gli Azzurri vincono 3-2, grazie anche ad una parata decisiva di Zoff su un colpo di testa di Oscar nel finale, e infliggono una sconfitta storica agli interpreti del Futebol bailado.

Mentre i suoi compagni di squadra piangono e si disperano, Socrates esce dal campo a testa alta:

"L’Italia ha vinto, ma noi abbiamo giocato meglio, - sostiene - e il popolo brasiliano ricorderà questa partita come la più bella giocata dalla Seleção per molti anni".

Con la divisa verdeoro Socrates è protagonista anche della Copa America del 1983, che vede il Brasile piazzarsi 2°, con una sconfitta in finale contro l'Uruguay, e dei Mondiali del 1986. In Messico, tuttavia, 'Il Dottore' del calcio ha già 32 anni e ha imboccato la sua parabola discendente. Va comunque a segno contro la Spagna nella prima fase e su calcio di rigore contro la Polonia agli ottavi di finale, fallendo tuttavia un calcio di rigore, uno dei pochissimi sbagliati in carriera, nella lotteria finale contro la Francia ai quarti, partita che segnerà una nuova precoce eliminazione della Seleçao, che pur schierando tanti campioni, non riuscirà in quegli anni a vincere nulla.

La partita contro i Bleus di Platini è anche l'ultima delle 60 partite di Socrates in Nazionale, condite da ben 22 reti, un bottino ragguardevole per un centrocampista.

Grazie al bis nel Campionato Paulista, 'Il Dottore' nel 1983 vince anche il Pallone d'Oro sudamericano,  precedendo il portiere argentino Fillol e l'attaccante brasiliano Eder. L'esperienza felice della Democracia Corinthiana termina nel 1984. Il fuoco della rivoluzione acceso da Sócrates e compagni è spento da una decisione parlamentare: nonostante la mobilitazione popolare, il 25 aprile 1984, infatti, la Camera boccia la proposta di ripristinare le elezioni dirette per il Presidente della Repubblica.

Il centrocampista aveva dichiarato pubblicamente:

"Se la mozione non passa, io me ne vado da questo Paese!".

Fino a quel momento aveva rifiutato le molte offerte per non abbandonare il club e la lotta, ma dopo la grande delusione  decide di andare a giocare in Serie A, con l'ambiziosa Fiorentina. Accetta così l' offerta dei Conti Pontello, che per rilevare il suo cartellino versano nelle casse del Corinthians 5 miliardi e 300 milioni di Lire.

A condurre la difficile trattativa è il Direttore generale viola, Tito Corsi.

"Sono proprio quello che sapete, che scrivete, che pubblicizzate - dichiara Socrates ai giornalisti al suo arrivo -  Non mi considero come Zico e Maradona che hanno doti individuali eccelse. La mia qualità è mettermi al servizio del collettivo, ma per farlo debbo convincere gli altri che sono utile. Non tengo tanto a essere un campione di calcio quanto uomo democratico, anzi un brasiliano democratico".

E alla presentazione ufficiale aggiunge:

"Se gioco centrocampista posso arrivare a far goal, se gioco più avanti è difficile che arrivi in porta".

"Credo che la Fiorentina abbia realizzato un acquisto straordinario.   - dichiara il presidente Ranieri Pontello a 'La Repubblica' -  Socrates è uno dei più forti giocatori del mondo, è fra i primi 4-5 fuoriclasse. Non voglio parlare di cifre, ma posso dire che il brasiliano è costato quanto un giocatore italiano di alto livello e sicuramente meno di Rummenigge. Comunque, è una cifra non spropositata".

La società ha ambizioni importanti, e al grave infortunio che tiene fuori Giancarlo Antognoni per tutta la stagione, risalente al precedente campionato (frattura scomposta di tibia e perone in uno scontro con Luca Pellegrini), all'acquisto del forte brasiliano, fa seguire la conferma del  libero argentino Daniel Passarella, capitano dell'Albiceleste campione del Mondo nel 1978 e gli arrivi di Claudio Gentile, Leonardo Occhipinti e Claudio Pellegrini.

I tifosi fanno a gara ad assalire i botteghini per sottoscrivere gli abbonamenti. L'attesa nei confronti del 'Dottore' è spasmodica. Fin dal ritiro estivo sulle Dolomiti, tuttavia, il brasiliano soffre il lavoro atletico che si fa in Italia, ben diverso dagli allenamenti blandi del calcio brasiliano dell'epoca. Si fa comunque 12 chilometri di fondo, poi accusa un problema muscolare e deve subito fermarsi.

Quando rientra, all'improvviso, durante un allenamento particolarmente intenso, stramazza a terra per alcuni secondi. C'è un grande spavento, ma il brasiliano si riprende dopo pochi secondi e se la ride. Salta fuori un problema (già noto): Socrates ha infatti un prolasso della valvola mitralica. 

"Io non sono un giocatore di calcio. Nel senso che non ho una struttura da atleta", dichiara.

La sera, poi, fuma e beve regolarmente, conducendo uno stile di vita che poco si confà ad un atleta e ad un medico. Iniziano a piovere critiche nei suoi confronti.

"Sono arrivato in Italia e mi sono subito infortunato. - dice - Per il vostro mondo capitalista è incomprensibile. Impossibile fermare una macchina che tira calci a un pallone. Che fa comodo soprattutto se non pensa. È lo specchio di tutto il resto. Il calcio qui è come la religione, come la Chiesa. Immobile, tutto fermo. Guai a chiedersi il perché delle cose. In questo il Brasile è uguale".

Quanto ai ritiri, poi, li detesta e li considera inutili. Propone persino che le mogli dei calciatori stiano con i loro mariti in ritiro.

"Il calcio è una famiglia reale, tutti principini. Hanno tutti bisogno del papà. Altrimenti fanno l’amore, fanno peccato. - afferma - A che servono i ritiri? Che torture, che sofferenza. Eppure è un discorso logico: se io sto lontano da casa, è quello il mio primo pensiero. Se tu vivi a casa, dove c’è il tuo cuore, il lavoro diventa il tuo primo pensiero".

Prima del secondo impegno stagionale col Pescara, il tecnico De Sisti deve operarsi d'urgenza alla testa in seguito ad un malore. Salta così per causa di forza maggiore le prime sfide della stagione.

Socrates fa una partitella da libero, prima dell’ esordio ufficiale in casa contro la Casertana in Coppa Italia il 29 agosto. I tifosi viola lo accolgono con 10 mila candeline accese in Curva Fiesole  e in campo è un boato ad ogni tocco di palla del 'Dottore'.  Il brasiliano, in un clima di gran festa, decide di deliziare il suo pubblico con il celebre colpo di tacco, ma per poco non manda in porta un semisconosciuto centrocampista dei campani. Finisce 1-1, con vantaggio ospite e pareggio su rigore di Passarella.

"Per fare i goal occorrono i cross, il gioco delle ali, - commenta l'ex Corinthians - proprio l'esatto contrario di quello che abbiamo fatto con la Casertana. Per quello che mi riguarda mi sono reso conto che forse avrei fatto meglio a seguire la squadra anche quando era in trasferta. Per conoscerla meglio, per capire più cose. Già ho difficoltà ad inserirmi negli schemi tattici, così al buio è stato ancora peggio".

Le successive sfide contro Arezzo e Napoli servono al brasiliano per affinare l'intesa con i suoi compagni. All'esordio in campionato all'Olimpico, contro la Lazio, la squadra viola sembra aver finalmente assimilato gli schemi, pur essendo sempre priva del tecnico De Sisti.

Socrates gioca ad un altro livello. Anche se alcuni lo ribattezzano 'Traccheggia' per il suo incedere compassato, quando la palla passa dai suoi piedi illumina il gioco con colpi di classe e passaggi di prima. Un eurogoal di Pecci  dalla distanza consente ai viola di conquistare 2 punti esterni. Quando a un certo punto Manfredonia finisce a terra, da buon 'Dottore' è lui a soccorrerlo per primo in campo. 

I viola volano quindi ad Istanbul per affrontare il Fenerbahçe in Coppa UEFA.

"Il calcio m’interessa sino a un certo punto. Voglio vincere contro i turchi per giocare in un Paese dell’Est, URSS, Polonia o Cecoslovacchia. - dichiara Socrates -  e intuire condizioni di quei popoli. Mi sento ancora al 50%, ma possiamo vincere lo Scudetto".

Arriva un'altra vittoria di misura, e, dopo due pareggi senza goal con Milan e Como in campionato, Socrates manda nuovamente in visibilio i tifosi viola nella gara di ritorno contro il Fenerbahçe , un 2-0 che lo vede protagonista e lancia i toscani al 2° Turno.

Poi De Sisti anticipa il rientro e torna in panchina il 7 ottobre, data in cui la Fiorentina travolge 5-0 l'Atalanta, e a Bergamo il brasiliano trascina i toscani al successo e segna il suo primo goal italiano, firmando il provvisorio 3-0 con un cucchiao da applausi che fa venir giù lo stadio.  Segue la classica esultanza con il pugno alzato. La squadra toscana fino a quel momento è imbattuta e insegue in classifica la capolista Verona assieme a Sampdoria e Torino.

Ma già alla 5ª giornata la sconfitta a Genova con la Sampdoria (2-0) ridimensiona le ambizioni dei toscani e iniziano i problemi di spogliatoio. I viola superano comunque l'Avellino in casa nel turno successivo e in Europa i tifosi, che fanno registrare il record di presenze all-time al Franchi (60 mila spettatori) si aspettano grandi cose dal 'Dottore' contro l'Anderlecht. Lui non li delude e finalizza una bella triangolazione con Massaro con un tap-in vincente sotto porta. Nella ripresa, tuttavia, Vandebergh fissa il risultato sull'1-1 e rende i belgi favoriti nella qualificazione.

Si arriva così al 28 ottobre, data determinante nella stagione deludente vissuta dai viola. A Verona, infatti, dopo il primo tempo la squadra è sotto di 2 goal e lo spogliatoio si spacca definitivamente in due gruppi contrapposti: uno facente capo al duro argentino Passarella, l'altro ad Eraldo Pecci.  Socrates si ritrova fra l'incudine e il martello, e mentre la squadra scivola a centro classifica (2-1 il finale del Bentegodi) prova a mediare per l'interesse collettivo con il risultato di venir emarginato dai più.

Si isola, accentuando, se possibile i suoi vizi. Esce e fa tardi la sera, beve birra e fuma come non ci fosse un domani, sente la 'saudade' per il suo Brasile e manifesta un'insofferenza sempre più evidente per qualsiasi regola o imposizione. Non rinuncia a partecipare a comizi e dibattiti politici presso il circolo ricreativo delle Vie Nuove, nel rione Gavinana, dove discute di Che Guevara e di John Lennon. Il suo rendimento in campo ne risente. Fra i pochi amici, il portiere Giovanni Galli.

"Ero molto legato a lui, - ha raccontato in più occasioni - eravamo sempre insieme in camera quella stagione. Avevamo un rapporto di amicizia molto forte, una volta mia moglie mentre era incinta della nostra seconda figlia aveva la febbre, e lui mi chiamò dicendo che sarebbe venuto a visitarla. Passavano le ore, e alle 23.30 mia moglie voleva andare a letto, quindi io lo chiamai al telefono e lui mi disse di aspettare un attimo che sarebbe arrivato… Mi suonò il campanello alle 2 di notte. La parte più bella però ancora non è arrivata, lui doveva ancora cenare, facemmo le 4 di mattina...". 

In Coppa UEFA c'è il tracollo nel ritorno con l'Anderlecht a Bruxelles, un pesantissimo 6-2 il 7 novembre, che segna l'uscita prematura dal torneo. In campionato De Sisti dura fino al 2 dicembre, giorno in cui il 2° goal di Socrates in campionato, un colpo di petto anticipando il portiere in uscita,  evita la sconfitta: 1-1 a Cremona. Poi il tecnico rifiuta di avere Valcareggi come 'tutore' e viene esonerato, lasciando la panchina all'ex Ct. della Nazionale. Socrates perde uno dei suoi pochi riferimenti, che definisce "una vittima", e dopo un rigore trasformato contro la Roma,  naufraga definitivamente con l'arrivo del rigido inverno, caratterizzato da temperature polari e abbondanti nevicate.

Rientra con due giorni di ritardo dalle vacanze natalizie, ma viene perdonato e fa un doppio allenamento. Dopo essersi eclissato per un mese e mezzo, a metà gennaio gioca discretamente nella sconfitta interna con il Napoli e alla prima di ritorno apre le danze nel 3-0 alla Lazio con uno strano tiro a giro da posizione defilata, che sorprende Orsi. Il numero 8 va a segno con una girata sotto misura anche nel 2-2 fuori casa con l'Atalanta, il 17 febbraio. 

Per il suo compleanno organizza una festa in cui invita tutti i brasiliani che giocano in Italia, da Zico a Pedrinho. Si balla e si beve. Socrates si sente soffocato dal cinismo del calcio italiano e non gioca più ai suoi livelli, con prestazioni deludenti. Inizia a contare i giorni che gli restano per tornare in patria. L'ultimo sorriso, il suo saluto all'Italia, arriva il 21 aprile con una sassata su punizione contro la Cremonese.

"Da quel che ho visto, - afferma polemico - la società più adatta a me sarebbe stata la Cremonese: non è una battuta, è simpatia per un ambiente".

È l'ultima sua partita con la maglia viola. A fine stagione, dopo 33 presenze e 9 goal complessivi, 25 partite e 6 reti in Serie A, getta la spugna, rinuncia a cercare il riscatto e preferisce riabbracciare il calore del Brasile. I toscani chiudono con un modesto 8° posto finale e l'ex capitano del Brasile sa di aver fallito. 

"Ero venuto qua con la presunzione di essere un italiano come gli altri. - dichiara in un'intervista - Una sorta di inno all’internazionalismo. E ho riempito il mio futuro di progetti. Ma avevo una specie di casco protettivo. Niente mi feriva, tutto mi andava bene. Perfino le prime critiche, i difficili momenti di adattamento. Tutti mi chiedevano: che hai? Io rispondevo: 'Niente'. E forse ci credevo pure. Ho dato tutto quello che potevo. Ciò che non ho fatto, è stato per incapacità. Ma penso che mai e poi mai si sarebbe potuto vedere il Socrates del Brasile. Troppo diverso questo calcio per me. Quaggiù giocando mi sono divertito due o tre volte. E poi se volevano solo il campione, potevano prendere Zico”.

La verità è che il suo fisico, logorato da uno stile di vita non consono ad uno sportivo, non risponde più come un tempo. Firenze segna così l'inizio del repentino declino. Socrates gioca altre tre stagioni, prima per il Flamengo, a Rio, poi per il Santos, la squadra per cui tifava da bambino, con cui, dopo l'ulteriore delusione dei Mondiali '86, spende gli ultimi sprazzi di classe.

Trasferitosi al Botafogo, il club con cui aveva iniziato la carriera, nella stagione successiva, non gioca mai e dopo pochi mesi  si ritira dal calcio giocato a 35 anni. Ma con un colpo di teatro, nel 2004, all'età di 50 anni,  quando siede sulla panchina del Garforth Town, squadra di un paesino vicino a Leeds, che milita nelle serie minori inglesi, scende in campo per una dozzina di minuti contro il Tadcaster Albion.

Una volta ritiratosi dal calcio giocato, il fumo e le birre continuano ad accompagnarlo con sempre maggior frequenza.  Da vizio si trasformano in dipendenza.

"Ho sempre fumato pur sapendo che fa male, - dirà - così come amo bere birra. Oggi come allora. Ma il calcio è uno sport collettivo e non serve che tutti corrano. Ci sono quelli che corrono e quelli che pensano".

Tutto si può dire però, tranne che non sia un uomo impegnato. Nel 1992 apre una clinica pediatrica,  il Medicine Socrates Center, a Ribeirão Preto, il luogo dove è cresciuto, e nella quale inizia ad esercitare la professione medica.  Diventa editorialista del 'CartaCapital',  giornale in cui parla di calcio esaltandone la dimensione culturale e criticandone gli aspetti economici che divengono predominanti, e fa l'opinionista nella tv brasiliana Cultura.  

Recita insieme a Zico in una telenovelas  e fa il produttore teatrale, incide persino un disco e nel 1983 aveva partecipato persino alla registrazione della celebre 'Aquarela' di Toquinho. Naturalmente, oltre a tutto questo, continua a occuparsi di politica.

Sempre nel 1983, ai tempi della Democracia corinthiana, pronunciò una frase profetica sul suo destino: 

"Vorrei morire di domenica, nel giorno in cui il Corinthians vincerà il titolo".

Così di fatto gli accadrà. Nel corso del 2011 Socrates viene più volte ricoverato in ospedale per disturbi all’apparato digerente e intestinale. Le sue condizioni di salute appaiono compromesse e si aggravano quando a settembre sopraggiunge la cirrosi epatica. Il 4 dicembre dello stesso anno il Corinthians si laurea campione del Brasile per la 5ª volta nella sua storia, pareggiando 0-0 contro il Palmeiras.

È domenica e poche ore prima 'Il Dottor' Socrates, ricoverato dal 3 dicembre all'Ospedale Albert Einstein di San Paolo dopo una cena, in seguito ad un'infezione intestinale, aveva cessato di vivere per setticemia. I giocatori del Timão gli dedicano la conquista del titolo esultando come lui faceva con il pugno alzato rivolto verso il cielo. Lo stesso fanno i tifosi. 

Il campione è sepolto al cimitero Bom Pastor de Ribeirao, a San Paolo. Una folla di amici, conoscenti e personalità di vari ambiti partecipa ai funerali per dargli l'ultimo saluto. Fra questi anche Rai, il suo fratello minore, che ha avuto una discreta carriera da calciatore militando a lungo in Europa. 

La Fiorentina lo ricorda scendendo in campo lo stesso giorno della morte con il lutto al braccio nella partita di campionato contro la Roma. Prima dell'inizio della partita lo speaker ufficiale dello stadio pronuncia il suo nome, mentre sul maxishermo scorrono le immagini delle sue giocate in viola. Poi è osservato un minuto di silenzio.

A incoronarlo come campione senza tempo sarà Pelé, che nel 2004 lo aveva inserito nel FIFA 100, la lista dei 125 giocatori viventi più forti al Mondo, e già nel 1978 era rimasto meravigliato dalla sua classe:

"Socrates è stato il giocatore più intelligente della storia del calcio brasiliano".