Cos'è e quali sono i sintomi della sindrome di Marfan? - Emergency Live

2022-06-24 20:15:57 By : Ms. Vivian Zhou

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I pazienti che ne sono affetti, se inseriti in un adeguato percorso terapeutico, possono però affrontare normalmente la quotidianità e godere di un’aspettativa di vita pari a tutti gli altri.

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La sindrome di Marfan è una condizione fisica, geneticamente determinata, che coinvolge contemporaneamente più organi e apparati.

Il comune denominatore è l’alterazione del sistema strutturale del tessuto connettivo.

La mutazione genetica alla base della sindrome di Marfan, infatti, determina l’alterazione della fibrillina, una proteina che fa parte del collagene, di cui si compone il connettivo.

Per questo, il collagene è implicato in tantissime strutture del nostro organismo.

Quelle maggiormente coinvolte sono le pareti dell’aorta, la struttura delle valvole cardiache, la pelle e i legamenti, compresi quelli dell’occhio.

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I pazienti che nascono con la sindrome di Marfan, quindi, presentano una progressiva dilatazione dell’aorta, soffrono di lassità dei legamenti, problemi di mineralizzazione delle ossa e osteoporosi precoce e, a livello oculare, possono andare incontro al dislocamento del cristallino.

Le manifestazioni della sindrome sono diverse da soggetto a soggetto, ma tendenzialmente a livello fisico si nota in tutti:

Non vi è invece alcuna ripercussione nella sfera intellettivo-cognitiva.

Seguire scrupolosamente i pazienti con visite ed esami strumentali periodici ci permette di anticipare le problematiche ed evitare che si traducano in complicanze gravi o episodi acuti.

Nei pazienti affetti da sindrome di Marfan il rischio cardiovascolare maggiore è legato all’aorta (la principale arteria del corpo umano), che tende ad allargarsi.

La dissecazione aortica, ovvero la lacerazione della parete interna, è l’evoluzione più temibile, che mette a rischio la vita del paziente.

Fortunatamente questi episodi acuti sono piuttosto rari, perché teniamo sotto controllo i pazienti e somministriamo loro una terapia farmacologica in grado di rallentare il fenomeno di accrescimento dell’aorta.

Qualora non ci fosse un’adeguata risposta alla profilassi, valutiamo l’intervento chirurgico insieme all’équipe di cardiochirurghi.

L’elemento fondamentale è la tempistica: siamo molto rigorosi nei follow-up periodici e disponiamo di tecniche di imaging avanzate, per cui non arriviamo mai a intervenire né prima del dovuto, né quando è già tardi.

In caso di insufficienza della valvola aortica, inoltre, valutiamo un intervento conservativo della valvola nativa, che evita la terapia anticoagulante e permette una rapida ripresa funzionale.

Monitorando l’evolvere della situazione, i pazienti arrivano all’intervento con una valvola strutturalmente buona e senza deterioramento della capacità contrattile del cuore.

Per la chirurgia della valvola mitrale, che invece non ha una profilassi di trattamento per evitare l’operazione, possiamo garantire ai pazienti un approccio mininvasivo che, con tecniche evolute, limita le cicatrici visibili e permette una ripresa più rapida.

Nei pazienti con sindrome di Marfan possono insorgere alcuni problemi in ambito oculistico.

Può accadere infatti che si verifichi una lussazione del cristallino, ovvero che si dislochi rispetto alla sua normale sede. Il cristallino è la lente all’interno del bulbo oculare, che è tenuta in posizione da dei legamenti.

A causa della lassità di questi, può verificare che si sposti, creando degli importanti e progressivi disturbi visivi.

Per questo ai nostri pazienti, soprattutto quelli in età pediatrica, suggeriamo di evitare sport da contatto violento: questo non significa limitare l’attività, ma prestare attenzione a colpi o testate.

In caso di lussazione del cristallino, comunque, l’intervento chirurgico è risolutivo.

I problemi che coinvolgono l’apparato muscolo-scheletrico sono quelli che danneggiano maggiormente la quotidianità dei nostri pazienti, a causa di frequenti lussazioni e slogature.

Sono frequenti i problemi di osteoporosi precoce, anche negli adolescenti, quindi è necessario giocare d’anticipo e mettere in atto tutte le possibili strategie preventive.

La diagnosi della sindrome di Marfan è prettamente clinica, poi supportata da un test genetico.

Iniziamo con una visita, una valutazione della struttura della persona con ecocardiografia, ecografia vascolare, valutazioni ortopediche e oculistiche.

Già in questa prima fase possiamo dire, con dei dati oggettivi a supporto, se è un caso di sindrome di Marfan o se il quadro può essere ricondotto a un’altra aortopatia genetica.

I problemi dell’aorta sono il punto di partenza nella valutazione: verificando la storia familiare, possiamo capire se si tratta di una sindrome o di una forma familiare di aortopatia.

Nelle sindromi possono essere coinvolti anche i bambini, mentre nelle forme familiari di aortopatie non sindromiche il rapporto è tempo-dipendente.

Se, per esempio, in famiglia c’è qualcuno che è stato operato all’aorta o ad altre arterie prima dei 65 anni, parliamo di predisposizione.

Nel caso delle sindromi, invece, c’è una relazione diretta tra una generazione e l’altra e i primi segni si vedono già nell’infanzia o adolescenza.

Il test genetico, una volta condotte queste indagini, ci fornisce la certezza della sindrome di Marfan.

La diagnosi può avvenire sia in età pediatrica, sia in età adulta, dipende da quando i pazienti vengono riferiti al nostro centro.

Oggi il sospetto di diagnosi viene posto più spesso e più precocemente rispetto ad anni fa e i medici di medicina generale e gli specialisti sono sensibilizzati sul tema.

Ricordiamo sempre l’importanza della diagnosi: in caso di aortopatie genetiche significa cambiare la prospettiva di vita delle persone ed evitare un evento acuto che potrebbe rivelarsi fatale.

Nel caso della sindrome di Marfan esiste il 50% di probabilità che un neonato sia portatore della malattia del genitore.

È possibile sottoporsi al test genetico che rileva la presenza di mutazione, a partire dall’11^ settimana attraverso l’amniocentesi.

L’interruzione di gravidanza è un’opzione, ma la maggior parte delle famiglie che seguiamo optano per portarla avanti.

C’è anche chi sceglie di non fare il test, perché non ritiene che questa sindrome comprometta in modo significativo la qualità della vita. In altri casi, ci si affida alla fecondazione assistita o si avvia l’iter per l’adozione.

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