La super onda d’urto dell’eruzione a Tonga - Focus.it

2022-09-23 23:44:12 By : Ms. janny hou

La violenza dell’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Haʻapai non smette di meravigliare gli scienziati.

Per la violenza dell'esplosione, per lo tsunami prodotto, per la quota raggiunta dalle ceneri e non ultimo per il boato che ha prodotto - che ancora adesso è in fase di studio - l'eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Haʻapai, avvenuta il 15 gennaio scorso, non smette di stupire. L'ultimo "record", se così si può definire, riguarda l'onda atmosferica generata dall'eruzione che ha interessato più volte tutto il Pianeta e che è stata studiata da vari ricercatori in giro per il mondo, da quelli italiani dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia agli spagnoli dell'Institute for Advanced Studies di Maiorca, in Spagna. 

Questi ultimi, guidati da Ángel Amores, un oceanografo, hanno analizzato i dati raccolti da diversi osservatori e hanno così confermato che l'onda atmosferica ha impiegato 36 ore per circumnavigare il globo, diffondendosi ad anelli concentrici dal vulcano, viaggiando alla velocità del suono. La loro analisi è stata pubblicata sulla rivista Geophysical Research Letters.

Una, due… tre volte. Amores stava controllando i dati delle stazioni meteorologiche locali da casa quando ha visto l'arrivo dell'onda d'urto nel momento in cui ha fatto il suo primo passaggio su Maiorca, circa 15 ore dopo l'eruzione. «Quindi mi sono messo in attesa perché, mi sono detto, ci sarebbero volute circa 36 ore per vederla tornare. E dopo 36 ore è effettivamente passata. In realtà non mi aspettavo di osservarla per la terza volta ed invece è successo, dopo altre 36 ore. È la prima volta che vedo qualcosa del genere». E in effetti quanto è accaduto è davvero fuori dal comune: «Tutti coloro che studiano le onde atmosferiche sono rimasti piuttosto sbalorditi» spiega Peter Brown, fisico dell'Università dell'Ontario occidentale (Canada). «Queste onde d'urto sono generate da un rapido movimento che comprime il materiale circostante, che nel caso dell'eruzione a Tonga era l'aria» spiega Mark Boslough, fisico del Los Alamos National Laboratory nel New Mexico. 

Amores ha in seguito collaborato con il New York Times per dare una veste grafica più accattivante alla sua simulazione è il risultato è visibile qui sotto.

Passaggio simultaneo. Analogamente all'Institute for Advanced Studies di Maiorca, anche la società Weathernews che in Giappone gestisce una rete di migliaia di sensori meteorologici, ha registrato l'onda atmosferica. Molti dei loro sensori hanno rilevato picchi di pressione dell'aria quasi simultanei al passaggio della prima onda d'urto il 15 gennaio e hanno registrato anche l'onda di ritorno, il 17 gennaio (vedi video sotto).

Durante il viaggio, l'onda d'urto ha causato piccole alterazioni alle proprietà atmosferiche, facendo variare la temperatura, la presenza del vapore acqueo oppure creando increspature che potevano essere viste in alcune immagini satellitari, vedi sotto.

E ciò è successo negli Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, India, Cina, Australia e in Italia. Dopo circa 17 ore di viaggio nell'atmosfera, le onde acustiche generate dall'esplosione sono giunte sull'Etna e sono state registrate dalla rete infrasonica permanente che opera sul vulcano.

Le onde acustiche non erano udibili perché erano al disotto delle frequenze (inferiori a 20 Hz) che l'orecchio umano può percepire; ma la rete infrasonica dell'Etna è stata progettata proprio per questo, per rilevare il "ruggito" silenzioso dei vulcani. Il secondo passaggio dell'onda sonora si è registrato il 17 alle 9.25. Assumendo un percorso di circa 40.000 chilometri, la velocità media è stata di circa 1.111 Km/h, prossima a quella del suono al livello del mare che è di 1.35 Km/h.

Come le peggiori atomiche. Sia Amores che altri scienziati che studiano da anni simili fenomeni hanno definito "eccezionale" quanto provocato dal Tonga, in quanto per vedere qualcosa di simile bisogna risalire alle esplosioni nucleari realizzate nell'atmosfera negli Anni Sessanta. 

Secondo Brown l'onda generata dall'eruzione era di dimensioni simili a quella del più grande test atomico atmosferico mai condotto, quello della Bomba Tsar. Fu fatta esplodere nell'Artico sovietico nel 1961 e rilasciò energia equivalente a circa 50 milioni di tonnellate di TNT. «L'esplosione di Tonga ha sicuramente rilasciato più di quella quantità di energia» afferma Brown. I cambiamenti della pressione atmosferica osservati mentre l'onda viaggiava intorno alla Terra sono stati relativamente piccoli, una deviazione di meno dell'1 per cento della pressione standard. Ma i cambiamenti sono persistiti per decine di minuti e questo dimostra quanta energia ci fosse in gioco.

Secondo Greg Dusek, un fisico del NOAA, questa è stata probabilmente la prima volta dall'enorme eruzione del Krakatoa del 1883, che un'eruzione vulcanica sia riuscita a creare un'onda d'urto globale, che a sua volta ha generato onde oceaniche nei porti di tutto il mondo. L'onda d'urto del Krakatoa, che causò danni ai timpani dei marinai su una nave a 70 chilometri di distanza, è stata registrata dai barometri di tutto il mondo e anch'essa fece il giro del globo almeno tre volte. «Questa è la prima volta, tuttavia - ha scritto Dusek - che abbiamo visto accadere un simile fenomeno in tempo reale». 

Non solo onde d'urto. A Tonga l'eruzione del 15 gennaio ha ucciso almeno tre persone; case, strade, infrastrutture e aree seminate sono state distrutte o danneggiate e la barriera corallina ha subito danni ancora non ben definiti. I danni principali - stimati dalla Banca Mondiale in 90 milioni di dollari – sono stati causati dalla cenere vulcanica e dallo tsunami che si è prodotto in seguito all'eruzione. Lo tsunami ha viaggiato attraverso il Pacifico, generando onde alte fino ad un metro e mezzo lungo la costa nordamericana e più alte in Sud America. Per alcune località del Pacifico, lo tsunami è arrivato durante l'alta marea, determinando i livelli dell'acqua più alti dagli anni '50.

Abbiamo individuato 10 eventi distruttivi, più un eventuale scenario futuro. Volete sapere quali sono state le esplosioni più apocalittiche di sempre? Non perdetevi questa inquietante hit parade che inizia con l'eruzione del vulcano Krakatoa, che in questa classifica è soltanto all'ottavo posto (ma la foto vale la prima posizione). Ogni grande eruzione che si rispetti provoca un tremendo boato. Il più assordante in assoluto fu probabilmente quello generato dal risveglio del Krakatoa, su un'isola dello Stretto della Sonda, tra Giava e Sumatra, il 27 agosto del 1883. Quattro enormi esplosioni udibili fino a 4 mila chilometri di distanza uccisero decine di migliaia di persone, e assordarono completamente i pescatori della zona. Il botto, della potenza di 200 megatoni (più di tre volte quella della Bomba Zar) distrusse completamente l'isola, provocando tsunami di decine di metri d'altezza. Successive eruzioni hanno ricreato un isolotto nello stesso luogo.

Decimo posto: l'evento di Tunguska. Sono da poco passate le 7:00 a Vanavara, Siberia profonda, il mattino del 30 giugno 1908. Quando un uomo seduto davanti a una stazione commerciale viene sbattuto violentemente a terra, con la sensazione di avere i vestiti che vanno a fuoco. Una quarantina di chilometri più a nord, nelle vicinanze del fiume Tunguska, si è appena verificata un'esplosione della potenza pari a quella di 15 megatoni di dinamite o, tanto per farsi un'idea, a mille bombe di Hiroshima. Responsabile del cataclisma è probabilmente una roccia spaziale di una trentina di metri di diametro, che disintegrandosi nell'atmosfera abbatte circa 80 milioni di alberi come fuscelli. Le onde sismiche si registrano fino a Londra,.

Nono posto: la Bomba Zar. Quattro volte più distruttiva dell'evento di Tunguska, sarebbe stata ancora più minacciosa se i suoi costruttori, fisici sovietici capitanati da Andrej Dmitrievi? Sacharov (in seguito Premio Nobel per la pace per la sua opera di difesa dei diritti umani) non avessero deciso all'ultimo di ridurne la portata. La Bomba Zar, il più pericoloso ordigno all'idrogeno mai costruito (57 megatoni di potenza), chiamata affettuosamente Big Ivan dai militari sovietici, nell'ottobre del 1961 fu sganciata sopra all'isola di Novaja Zemlja, a nord del Circolo Polare Artico. Ne derivarono un lampo di luce visibile a mille chilometri di distanza, una nuvola a fungo alta 64 chilometri e vetri rotti fino a 900 chilometri dal luogo dell'impatto. Nella foto, esperimenti atomici a Mururoa, Polinesia francese.

Settimo posto: eruzione del Monte Tambora (stratovulcano). La capacità esplosiva di un'eruzione vulcanica si misura con una scala internazionale, l'Indice di Esplosività Vulcanica (VEI). Si va da 0 (eruzione non esplosiva) a 8 (eruzione megacolossale). L'esplosione del Krakatoa si è classificata al grado 6. Solo un evento nella storia recente ha raggiunto il settimo: l'eruzione del monte Tambora, nell'isola di Sumbawa, Indonesia. Dopo i primi "brontolii" - simili a colpi di cannone - lo stratovulcano eruttò nell'aprile del 1815, proiettando nell'atmosfera 150 miliardi di metri cubi di roccia, cenere e piroclasti. Gli effetti del cataclisma, anche in termini di riduzione della temperatura, si fecero sentire a lungo: l'anno successivo, il 1816, sarebbe stato ricordato come "l'anno senza estate".

Sesto posto: l'eruzione del vulcano Oruanui. Avete presente il tipico paesaggio lacustre, con specchi d'acqua calma, quiete assoluta e bagnanti a mollo? Nulla di più lontano dal lago Taupo, in Nuova Zelanda. Il bacino sorge nella caldera del vulcano Oruanui, che eruttò circa 26 mila 500 anni fa raggiungendo il grado 8 del VEI. L'esplosione, 10 volte più potente di quella del Tambora, è conosciuta come una delle sole 47 eruzioni "mega-colossali" della storia della Terra e si pensa abbia contribuito, in parte, all'estinzione del moa (fam. Dinornithidae), un enorme uccello neozelandese (oltre 3 metri d'altezza), antenato di emù e casuari. Nella foto, il lago con alle spalle il Monte Ruapehu, durante un'eruzione del 1996.

Quinto posto: l'eruzione del supervulcano Toba. Quando il materiale eiettato, tra ceneri, lapilli e rocce incandescenti supera i mille chilometri cubi di volume, si parla di supervulcani. Il Toba, nell'isola di Sumatra, Indonesia, ne rilasciò circa 2800, in una mega eruzione avvenuta 70 mila anni fa. L'esplosione formò una gigantesca caldera (30 chilometri per 100) oggi in parte occupata dal lago Toba, qui fotografato da satellite. Si pensa che l'evento abbia contribuito sia all'abbassamento globale delle temperature, sia a una selezione genetica della specie umana, che all'epoca, secondo alcuni ricercatori, fu ridotta a poche migliaia di individui.

Quarto posto: le tre supereruzioni del punto caldo dello Yellowstone. Ora che abbiamo un'idea della forza distruttiva di una supereruzione, proviamo a immaginarne tre di fila, tutte attribuibili allo stesso "colpevole". Sotto agli spettacolari paesaggi del Parco Nazionale dello Yellowstone, nel Wyoming (USA), si nasconde il responsabile di alcuni degli eventi geologici più catastrofici degli ultimi milioni di anni. Un punto caldo - si chiamano così le regioni della crosta terrestre in cui il magma risale direttamente dal mantello - che con le sue ultime tre eruzioni (rispettivamente 2,1 milioni, 1,3 milioni e 640 mila anni fa) ha contribuito alla formazione di un famoso canyon, lo Snake River Plain.

Terzo posto: l'eruzione del supervulcano La Garita. Tra tutte le mega eruzioni che hanno interessato il nostro pianeta, quella che ha lasciato le tracce più suggestive è forse l'esplosione del supervulcano La Garita, nell'attuale stato del Colorado (USA), circa 27 milioni di anni fa. Questi "cuscini" di roccia, formati in seguito al rapido raffreddamento della lava, sono tutto ciò che resta di un'eruzione della potenza di 100 mila bombe Zar, e 5 mila chilometri cubi di materiale tra ceneri, roccia e lapilli scagliati sulla superficie terrestre. Fortunatamente, questo supervulcano è ora estinto. E visto che in quanto a eruzioni, più in alto di così non si può arrivare, passiamo a un altro tipo di "botto".

Secondo posto: l'asteroide di Chicxulub. Per le primissime posizioni (in termini di forza distruttrice) della nostra classifica, dobbiamo passare dalle cause terrestri a quelle "cosmiche". È dallo spazio infatti, che provengono le catastrofi peggiori degli ultimi milioni di anni. Come quella che 65 milioni di anni fa piombò nei pressi dell'attuale villaggio di Chicxulub, nella penisola dello Yucatan (Messico), lasciando un cratere di 180 chilometri di diametro (nella foto una mappa gravitazionale del cratere realizzata al computer). Secondo alcuni studiosi, ma la questione è ancora controversa, l'asteroide - un masso cosmico largo 10 chilometri - avrebbe contribuito all'estinzione dei dinosauri. A mettere ko gli animali non sarebbe stato tanto l'impatto quanto la nube di polvere sollevata dall'urto, responsabile di una vera e propria devastazione ecologica.

Primo posto: l'impatto di Theia. Vincitore (provvisorio) di questa graduatoria è un evento che ha scombussolato il nostro pianeta quando ancora era molto giovane, all'incirca 4 miliardi e mezzo di anni fa. Un corpo celeste - forse un pianeta - soprannominato Theia e con massa pari a un decimo di quella terrestre, impattò contro alla Terra con una traiettoria obliqua, spazzando gran parte del mantello e della crosta e distruggendo, qualora ve ne fosse stata, ogni primordiale forma di vita allora presente. Parte del nucleo di Theia secondo alcuni studiosi, sarebbe "affondato" all’interno della Terra fondendosi al nucleo terrestre. Mentre quel che restava della massa del corpo celeste nell'arco di un secolo sì unì, dando così origine a una realtà a noi molto familiare: la Luna.

E in futuro? Anche se tutti ci auguriamo che esplosioni come quelle appena viste rimangano eventi del passato, le minacce di botti catastrofici non sono purtroppo terminate. Nel mondo sono attualmente conservate almeno 23 mila armi nucleari (tra cui quella nella foto) della potenza complessiva di migliaia di megatoni. E sono stati identificati sei supervulcani dormienti, ma potenzialmente ancora attivi, come la Valles caldera nel Nuovo Messico, la Long Valley in California e l'Aira caldera nella baia di Kagoshima, Giappone. Quanto agli asteroidi invece, possiamo dormire sonni tranquilli: il il 2007 VK184, tra i più minacciosi identificati finora, ha un indice di pericolosità pari a 1 nella Scala Torino, usata per classificare il pericolo di impatto di asteroidi e comete. Il grado 1 corrisponde a una probabilità di impatto dello 0,034%.

Codice Sconto Luisa Via Roma

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Albert Einstein amava la vita, la fisica e odiava le regole. Osteggiato in patria e osannato nel mondo, vinse molte battaglie personali e scientifiche. A cento anni dal Nobel, il ritratto del più grande genio del Novecento che ha rivoluzionato le leggi del tempo e dello spazio. E ancora: la storia di Beppe Fenoglio, tra scrittura e Resistenza; l'impresa di Champollion, che 200 anni fa decodificò la stele di Rosetta e svelò i segreti degli antichi Egizi; contro il dolore, la fatica, la noia: le droghe naturali più usate nel corso dei secoli.

Il sonno è indispensabile per rigenerare corpo e mente. Ma perché le nostre notti sono sempre più disturbate? E a che cosa servono i sogni? La scienza risponde. E ancora: pregi e difetti della carne, alimento la cui produzione ha un grande impatto sul Pianeta; l'inquinamento e le controindicazioni dell’energia alternativa per gli aerei; perché ballare fa bene (anche) al cervello. 

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