Aldo Montano: «Che noia il Grande Fratello Vip. Olga e la guerra in Ucraina? Mai giustificata» - CorriereFiorentino.it

2022-07-29 23:34:53 By : Mr. David Shao

Aldo Montano, lei è toscano o toscanaccio?«Toscano. I toscanacci sono altri e poi vi spiego chi sono. Sono toscano, livornese e... di scoglio».

Che cosa vuol dire essere di scoglio secondo la sua interpretazione?

«Alla base c’è una concezione di vita di questo tipo: meglio disoccupato a Livorno che ingegnere a Milano. Elogio dell’essere fannulloni? Macché. È la filosofia di una città piccola, con ritmi diversi dalla metropoli, che mette in evidenza altri valori. Per noi è impagabile avere un raggio di sole e un pezzo di spiaggia, indossare un’hawaiana, tuffarsi in mare in pausa pranzo. E il porto ci apre al mondo. Comunque, oltre che toscano e di scoglio mi sento italiano al 100 per cento. La famiglia s’è “smezzata”, avendo una moglie russa e due figli dalla doppia nazionalità, ma resto innamorato perso del mio Paese».

A proposito: la guerra in Ucraina vi ha creato una situazione difficile, anche perché Olga, provocata sui social, ha detto la sua e ha difeso Vladimir Putin.

«La situazione è oggettivamente brutta. E noi siamo in costante apprensione, non la viviamo bene. Mia moglie ha cercato di prendere le distanze da tutto, ma lei è russa e si trova a vivere qualcosa di particolare. Al di là degli aspetti geopolitici della vicenda, ci sono fatti non semplici da metabolizzare».

Non si rischia però di giustificare la guerra, in questo modo?

«Non scherziamo. Per chi come me e come Olga ha fatto dei valori dello sport la filosofia di vita e la base per gli insegnamenti da offrire ai nostri figli, la guerra non può mai essere giustificata».

Il Grande Fratello Vip: non era molto convinto di accettare, ora che cosa pensa?

«Sono contento per come è andata. Non ero preparato per quello che avrei poi vissuto, sono rimasto più sconvolto di quello che immaginavo. Avevo l’esperienza della scherma e della vita in comune tra atleti, ma è tutt’altra cosa: in una squadra ci sono obiettivi comuni, ed è tutto più semplice rispetto a questa convivenza forzata».

«Torno al clima della squadra: si rema tutti nella stessa direzione, anche se con idee diverse e qualche scazzo. In uno scenario del genere avrei potuto dare il mio contributo. In questo reality, invece, le direzioni sono tante e spesso non si va in quella comune».

Anni fa era stato a La Fattoria: non è stato d’aiuto?

«Poco. Là avevo valvola di sfogo: un’ora al giorno con il preparatore atletico. Poi due volte alla settimana Christian Bauer, maestro e all’epoca c.t., veniva a farmi lezione. Infine c’era parecchio da fare: un obiettivo a settimana. Al GFV non ne avevi nessuno e quello era proprio lo scopo di tutto: non avere obiettivi creava situazioni sociali, anche con litigi a volte su cavolate. Ecco, è stato difficile gestire questa situazione».

«E mi sono appunto annoiato: non aver nulla da costruire, anche sul piano fisico, portava ad avere giornate interminabili. Ma in qualche modo dovevamo arrivare a sera».

Ci sarà un aspetto positivo, però?

«Certo. Ho conosciuto persone con cui credo di aver costruito amicizie durature. Manuel Bortuzzo, con cui condividevo pure il letto, mi ha per esempio fatto scoprire il lato tenero che ho e che non avevo mai valorizzato».

«Anche lei persona tosta, dura. Non si è nascosta, non si è mimetizzata. E mi ha fatto piacere passare tempo con lei, abbiamo ragionato sulle similitudini tra scherma e lirica».

«...non è stata agevole. Ma essendo abituato agli “animali” della scherma, figuratevi se mi sarei impressionato. È stato duro, però, condividere un solo bagno con altre 24 persone, senza chiave e con una telecamera sopra la testa... Vero che registrava ma non trasmetteva, però ho impiegato settimane a prendere le misure».

Ha vissuto provocazioni dal fronte femminile?

«No, poi l’intelligenza sta anche nel porgersi in un certo modo. A quel punto è difficile cadere nei doppi sensi o nel provocare qualcuno. Mi sono posto come dovevo pormi: sposato, non interessato al tema, portatore di messaggi».

Sua moglie che cosa le ha detto?

«Era contenta, ci siamo sentiti al telefono perché qualche chiamata era ammessa. Assieme ai miei mi ha rispronato a restare: allora non vi manco per nulla, ho commentato... Quando sono uscito ho avuto uno shock nel rivedere mio figlio: l’avevo lasciato che aveva 5 mesi, dopo i 3 di assenza non lo riconoscevo».

Rifarebbe un programma così impegnativo?

«No. Adesso il reality sarà... mettermi a lavorare. Da fine giugno dovrei tornare a Livorno, c’è anche il cantiere di famiglia da seguire. Devo poi farmi operare all’anca sinistra e alla spalla destra, un lato a testa per par condicio...».

Quante volte pensa all’argento di Tokyo?

«Ci penso spesso e non sapete quanta serenità mi ha dato nel prendere una decisione, quella del ritiro, peraltro scontata... Ricordarla mi fa ancora più piacere: ho chiuso con un sorriso».

Ci racconta la «dynasty» dei Montano?

«La avviò nonno Aldo: a 10-12 anni era “tondolino”, così gli consigliarono lo sport. Uno zio era tesserato al Circolo Fides di Livorno: lo portarono lì, fu anche allenato da Nedo Nadi. È stato un riferimento per la Nazionale, a 40 anni vinse ancora un oro iridato a squadre. Non riuscì però a trasmettere la passione a mio padre, che fu spedito in pedana a calci nel sedere: spesso il nonno e il babbo si inseguivano per via Roma vestiti con la tuta e con le sciabole in mano».

Però Mario Aldo, detto il Mauzzino, sarebbe diventato a sua volta un campione.

«Papà ha fatto lo stretto necessario per arrivare, divertirsi, vincere e andarsene via».

E ad Aldo Montano jr com’è andata?

«Mio padre desiderava che facessi altro. Fu così il nonno a mettermi in pedana. Mi raccontò la scherma con gli aneddoti: il risultato è che in questi 36 anni, dopo cinque presenze ai Giochi, non ho mai avuto la sensazione di iniziare uno sport».

La storia con Manuela Arcuri ha moltiplicato la popolarità di Aldo Montano: giusto?

«In una fase della vita sono confluite varie componenti positive: Manuelona è stata una di queste. Prima di tutto ci fu l’oro ai Giochi. Quindi arrivarono i primi impegni tv con Simona Ventura, infine intercettai il desiderio dello sport di trovare alternative ai calciatori».

Serviva il ragazzo belloccio e con le basettone.

«Fu un puzzle che si completò: Simona mi diede una chance e da lei conobbi l’attrice famosa: per tre anni ha funzionato».

Lei è un maschio latino e geloso?

«Nasco geloso. E rimango geloso se ho modo di preoccuparmi. Anche di mia moglie lo sono stato e lo sono. Non ci siamo mai lasciati, ma qua e là ho dovuto riacciuffarla: quante volte mi sono fiondato a Mosca...».

Si dice però che lei sia stato un farfallone.

«Farfallone no, ma come persona sono stato Doctor Jekyll e Mister Hyde: ovvero, tranquillizzante da un lato e particolare dall’altro. Ho portato orecchini, anelli, catene e catenazze, ho avuto vari tagli e colori di capelli...».

Essere personaggio da gossip ha aiutato?

«All’inizio mi ha pesato. Tanti si aspettavano il passo falso, la cazzata, la crisi di coppia: io non capivo. Funziona così: non importano le belle cose, fanno più notizia quelle negative. Rimanevo poi male a leggere critiche infondate, per esempio quella che mi allenavo poco. Ho afferrato che la mia esposizione era cambiata: non l’ho capito subito, ma una volta che l’ho “digerito” ho imparato a fregarmene».

Avrebbe potuto vincere di più?

«Sì, tanto di più. Ho avuto colpi di sfortuna, non ho avuto la carriera della Vezzali, che per 20 anni è stata un martello pneumatico. Ma non cambierei il mio percorso: l’onda di risultati, di emozioni, di incazzature, di disastri e di riprese ha fatto sì che sia arrivato fino a Tokyo».

Meglio un morto in casa che un pisano all’uscio?

«A Livorno lo si dice più che mai. E credo che i pisani usino sempre “speriamo che Dio t’accontenti”. Allora pensi: vabbe’, meglio due o tre pisani alla porta; offro loro pure la cena».

Ci definisce i toscani e la «toscanità»?

«Non siamo caratterizzabili per vie generali, siamo troppo “spezzettati”. Levando i pisani, siamo gente simpatica, goliardica e di compagnia, con la battuta sempre pronta. Ci piace la presa per il culo, ma solo quando la fai e non quando la subisci».

Coraggio, faccia il podio dei toscani.

«Primo posto ai livornesi, poi metto i fiorentini perché mi piacciono e perché hanno Livorno come porto naturale. Al terzo posto... vediamo un po’: i lucchesi sono tirchi, i pistoiesi e quelli di Massa Carrara non sono niente di che, gli aretini sono lontani come i grossetani. Sì, mettiamoci Siena e i senesi. Pisa, invece, retrocede in serie B. Nel calcio è già lì? Allora spediamola in serie Z...».

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