La città che non distoglie lo sguardo. La solidarietà silenziosa dei cuneesi per aiutare chi è senza casa - La Stampa

2021-12-29 08:19:16 By : Ms. Nancy Lee

La voce de La Stampa

La città che non distoglie lo sguardo non è piccola: generosi e in silenzio, sono in tanti quelli pronti ad aiutare i senzatetto di Cuneo, che con il freddo sono meno, più nascosti perché sotto mucchi di coperte, ficcati dentro gli androni o al Movicentro. Ma ci sono sempre: invisibili solo per chi si volta dall’altra parte. Chi li aiuta, invece, dona vestiti, coperte, il proprio tempo, anche denaro. In modo anonimo.

Un mese fa La Stampa aveva raccontato l’impegno dell’Unità di strada della Papa Giovanni XXIII, che ogni mercoledì notte per oltre due ore incontra chi dorme all’addiaccio. I volontari chiamano i senzatetto per nome, offrono coperte e tè caldo, ma soprattutto dialogo, aiuto e conforto. La vita randagia è sintomo di disagio, ma anche un vortice da cui esci con difficoltà, valvola di sfogo dai guai della vita. Per questo servono un volto, una voce amica. Christian Revelli, 47 anni, che l’Unità di strada di Cuneo l’ha fatta nascere sei anni fa, anche l’altra sera ha girato la città aiutando chi non chiede aiuto: «La risposta al servizio su La Stampa è stata oltre le attese. Ho ricevuto in queste settimane, credo, oltre 60 telefonate. Da Cuneo, dal Monregalese, da fuori provincia. In tantissimi hanno donato: soldi, pure vestiti e coperte a cui abbiamo detto basta, perché non sapevamo dove metterli, abbiamo due garage pieni». Alcuni degli abiti donati a Cuneo sono già stati mandati a Torino, dove i «fratelli di comunità» della Papa Giovanni XXIII operano ogni giovedì notte, portando pasti caldi a un centinaio di barboni. Una signora torinese ha letto il pezzo online, ha copiato il numero di telefono e scritto un messaggio: «Sono nata e vissuta dall’altra parte, ho avuto tutto. Mi dia il vostro Iban per una donazione».

Una decina di persone ha chiesto di unirsi all’Unità di strada, ma Christian li ha invitate a pazientare. Serve essere «non troppi», per poter dialogare davvero. Ogni settimana i volontari sono al massimo 15, divisi in gruppi. E tra pochi giorni faranno anche un incontro con una psicologa, perché confrontarsi con le privazioni degli altri significa capire qualcosa in più della vita.

Ancora Christian: «Il reportage ha suscitato attenzione nei cuneesi, voglia di umanità. Serve pazienza per risolvere queste situazioni. Non basta postare foto di chi dorme nell’androne di un palazzo, fare petizioni, interrogazioni in Consiglio comunale, ordinanze. Sono persone che vanno incontrate, per far capire loro che non è giusto che dormano in strada. Noi non facciamo assistenzialismo: vogliamo dare anche all’ultimo la possibilità di risollevarsi».

I posti per stare al caldo di notte ci sono sempre a Cuneo, ma chi dorme all’aperto lo fa per scelta: ha il cane, beve troppo, non ha il vaccino, soffre di tremendi disagi psichici. «Siamo un’associazione religiosa e fa bene anche a noi andare in strada, tornare all’essere umano, cercare nel povero il Gesù dei Vangeli – dice Christian –. Farlo azzera le fissazioni che abbiamo tutti, capisci quali sono i valori che contano. Lavoriamo in rete con Comune, associazioni, cooperative, parrocchie, Caritas. Con noi c’è anche don Enzo, un prete che si sporca le mani, originario di Biella. Cosa serve ora? Non voglio chiedere troppo, ma ci sono centinaia di alloggi sfitti a Cuneo, qualcuno dovrebbe dare fiducia a chi magari ha il reddito di cittadinanza. E trovare attività diurne per loro: piccoli lavori, laboratori, spazi comuni. Perché se devi passare la giornata su una panchina, allora per forza bevi, per stordirti. Non hai scelta».